Durante Convergence, la nostra conferenza annuale, quest’anno completamente virtuale, lo psicologo del lavoro e autore del podcast WorkLife, Adam Grant, ha iniziato il suo keynote conclusivo con questa affermazione: i taker sono coloro che chiedono ‘Cosa puoi fare per me?’, mentre i giver sono coloro che chiedono ‘Cosa posso fare per te?’
Che cosa significa questo in ambito professionale? Per le imprese, assumere giver e valorizzarli sul lavoro può essere l’elemento decisivo per creare una cultura aziendale serena e produttiva anziché un ambiente tossico.
In un mondo travolto da una pandemia, dall’instabilità sociale, da una conciliazione vita-lavoro sempre più difficile e da molti altri fattori, i leader devono impegnarsi a costruire una cultura basata sui giver e sulla generosità produttiva. Per realizzare tutto questo, Grant ha illustrato le seguenti strategie:
- Tenere fuori dalla porta le persone sbagliate: nelle procedure di assunzione, scartate subito i maggiori taker, ovvero quelli che fanno solo finta di essere generosi. Anziché fare domande sul loro comportamento, fate domande sul comportamento altrui. Quando rispondiamo a domande sugli altri, spesso finiamo per proiettare su di loro il nostro stesso atteggiamento. I taker si aspettano un atteggiamento egoista da parte degli altri, ed è così che giustificano le proprie azioni.
- Iniziare con il piede giusto: una volta scartati i taker egoisti, studiate delle pratiche di onboarding che aiutino le persone a dare contributi significativi. Ribaltate il concetto di colloquio di uscita e organizzate colloqui di ingresso. Chiedete ai dipendenti com’è andato il primo mese di lavoro e imparate a personalizzare i loro ruoli in base ai punti di forza.
- Consolidare la cultura del lavoro da remoto: le persone sentono la mancanza della struttura e del senso di appartenenza che derivano dal lavoro in ufficio. Una delle possibili insidie del lavoro da remoto è lo scarso coinvolgimento. Stabilite orari strutturati per interagire e risolvere i problemi insieme. Se volete che i vostri giver brillino, incoraggiateli a trovare idee in autonomia, quindi riunite tutto il gruppo per valutarle e perfezionarle.
- Creare sicurezza psicologica: le persone sono più inclini a innovare e hanno meno probabilità di commettere errori se si sentono psicologicamente sicure. La filosofia del ‘non datemi problemi, datemi soluzioni’ è molto pericolosa. Se le persone possono parlare solo per proporre una soluzione, i problemi non verranno mai a galla. Create uno spazio dove le persone possano evidenziare qualsiasi criticità in totale sicurezza: trasformate la ‘scatola delle domande’ in una ‘scatola dei problemi’ e incoraggiate la partecipazione sia dei giver sia dei taker.
- Sfruttare la forza dei legami deboli: incoraggiate gli altri a dare e ricevere aiuto anche a/da soggetti che considerano ‘legami deboli’, perché non sempre la persona migliore a cui rivolgersi è quella a cui si è più legati. Nella maggior parte dei casi, le persone sarebbero ben disposte a diventare giver, ma spesso non conoscono le necessità altrui. La cultura del dare aiuto è anche la cultura del cercare aiuto.
- Evitare l’effetto “arma a doppio taglio”: è un aspetto particolarmente importante nel mondo attuale, dove i confini tra lavoro e vita privata sono decisamente labili. Non è detto che si debba sempre e solo dare in tutti i rapporti. Il rischio, altrimenti, è quello di incappare in burnout e stress. Ecco perché i giver devono prestare attenzione a chi aiutano, come aiutano e quando aiutano.
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